La legge 5 giugno 2020, n. 40, nel convertire il decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 (c.d. “Decreto liquidità”), ha riformulato l’art. 10, comma 2, relativo alla improcedibilità dei ricorsi e delle richieste per la dichiarazione di fallimento e dello stato di insolvenza depositati nel periodo tra il 9 marzo e il 30 giugno 2020.
Originariamente, restava proseguibile solamente la richiesta presentata dal pubblico ministero con contestuale domanda di emissione dei provvedimenti cautelari o conservativi di cui all’art. 15, comma 8, L.fall. .
Ora, a seguito della modifica intervenuta in sede di conversione, il regime dell’improcedibilità non si applica:
a) al ricorso presentato dall’imprenditore in proprio, quando l’insolvenza non è conseguenza dell’epidemia di COVID-19;
b) all’istanza di fallimento da chiunque formulata in caso di inammissibilità (art. 162, comma 2, L.fall.) o di revoca (art. 173, commi 2 e 3) della proposta di concordato preventivo o di mancata omologazione dello stesso (art.180, comma 7, L.fall.);
c) alla richiesta presentata dal pubblico ministero quando nella medesima è fatta domanda di emissione dei provvedimenti cautelari o conservativi di cui all’art 15, comma 8, L.fall. o quando l’istanza è presentata ai sensi dell’art. 7, n. 1, L.fall. (l’insolvenza risulta nel corso di un procedimento penale, ovvero dalla fuga, dalla irreperibilità o dalla latitanza dell’imprenditore, dalla chiusura dei locali dell’impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell’attivo da parte dell’imprenditore).
Il terzo comma del medesimo art. 10 è stato modificato nel senso di precisare che del periodo in cui le istanze e le richieste di fallimento sono improcedibili non si tiene conto non solo ai fini di cui agli artt. 10 e 69-bis L.fall., ma anche agli artt. 64, 65, 67, commi 1 e 2, e 14 L.fall.