Il diritto a riscuotere un credito che non viene esercitato entro un periodo di tempo (determinato dalla legge) diventa inesigibile per intervenuta prescrizione.
Il creditore può, però, interrompere la prescrizione tramite:
- un atto del creditore;
- una dichiarazione del debitore.
Nel primo caso, l’atto può essere:
- una diffida: ossia una comunicazione inviata all’indirizzo del debitore con cui si chiede l’adempimento, con indicazione della voce di credito e dell’importo dovuto;
- un atto giudiziale: ad esempio una citazione o la notifica di un decreto ingiuntivo. Se l’atto dà inizio a una causa, la prescrizione resta sospesa fino alla pubblicazione della sentenza;
- un atto stragiudiziale come un precetto (ossia l’intimazione di pagamento che precede il pignoramento) o un pignoramento.
In tutti questi casi è necessario che:
- l’atto entri nella disponibilità del debitore: è irrilevante se questi rifiuta la raccomandata o non la va a ritirare all’ufficio postale;
- il creditore dia la prova dell’invio dell’atto, dovendo perciò conservare la ricevuta di notifica.
Veniamo ora alle dichiarazioni del debitore che interrompono la prescrizione. Queste devono consistere in un riconoscimento del proprio debito e quindi nell’ammissione del credito altrui. Ciò può avvenire:
- esplicitamente: con una dichiarazione esplicita (ad esempio «Io sottoscritto… dichiaro di dover versare la somma di euro…», oppure «Io sottoscritto … verso in data odierna a… la somma di euro… in acconto sul maggior credito da questi vantato pari a…»);
- implicitamente: con comportamenti che, di fatti, si risolvono, in un riconoscimento dell’altrui credito. Ciò può avvenire, ad esempio, con la richiesta di un saldo e stralcio o di una dilazione di pagamento, con la contestazione del maggior importo vantato dal creditore (che sostanzialmente finisce per essere un’ammissione sull’esistenza dell’obbligazione), ecc.
Il sollecito di pagamento
Per interrompere il decorso della prescrizione è necessario che il creditore della prestazione invii un sollecito, dal cui tono risulti inequivoca la volontà di ottenere l’adempimento. Non è necessario che l’atto manifesti l’intenzione, in caso di inadempimento, di adire le vie legali. Né è indispensabile l’indicazione di un termine per pagare.
Il contenuto della missiva deve essere, dunque, quello tipico di una messa in mora e, in particolare, devono risultare:
- le generalità del creditore;
- le generalità del debitore;
- la specifica prestazione richiesta (per es. il pagamento di una somma di denaro);
- la causa che ha generato l’obbligazione (per es. il riferimento a un contratto, un prestito, un danneggiamento, ecc.);
- di norma (ma non indispensabile) il termine entro il quale si chiede la prestazione (che potrebbe essere anche inferiore ai 15 giorni indicati dal codice civile, se la natura della prestazione lo consente: si pensi alla restituzione di poche decine di euro).
N.B.: ad ogni buon conto è sempre bene aggiungere, come postilla, la precisazione che la lettera costituisce atto di interruzione della prescrizione.
La diffida può essere inviata con:
- raccomandata a/c;
- PEC;
- fax;
- telegramma;
- ufficiale giudiziario.
Notifica di atto giudiziale
Al pari della diffida, ma ancora più incisiva, è la notifica dell’atto giudiziale volto a ottenere la prestazione. Così, per esempio, una citazione in causa, un ricorso per decreto ingiuntivo o, nel caso in cui il credito abbia già fondamento su un titolo esecutivo (per es. un assegno, una sentenza, un decreto ingiuntivo), la notifica di un atto di precetto.
Anche la domanda di mediazione interrompe la prescrizione.
Riconoscimento del debito effettuato dal debitore
Qualsiasi atto proveniente dal debitore, anche senza formule e forme particolari, da cui si evinca chiaramente che lo stesso riconosce il credito dell’altra parte. Per esempio, potrebbe valere come interruzione della prescrizione la lettera del debitore che, senza contestare il credito, chieda una riduzione dell’importo dovuto o cerchi un accordo bonario.
Se però il debitore, nel riconoscere il proprio debito, eccepisce anche l’ormai intervenuta estinzione del diritto del creditore per decorso del termine, tale atto non vale a interrompere più la prescrizione.
È quanto chiarito dalla Cassazione (Cass. n. 24116/2016).
Quindi se il debitore contestualmente non nega l’altrui credito, ma nello stesso tempo deduce che lo stesso è ormai prescritto, tale dichiarazione non interrompe la prescrizione.
La prescrizione torna a decorrere
Una volta interrotta la prescrizione, un nuovo termine prescrizionale (di pari durata) riprende a decorrere per intero dalla data di ricevimento dei predetti atti interruttivi.