Liquidazione giudiziale
Altra novità introdotta dal Codice di Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza  è rappresentata dalla sostituzione del termine “fallimento” con l’espressione “liquidazione giudiziale” in conformità a quanto avviene in altri Paesi europei, così come anche l’eliminazione del termine “fallito”.
Ciò è dovuto al disvalore che tali termini determinavano in un’ottica internazionale dell’imprenditore.
La disciplina della procedura (artt. 121-267) è rimasta sostanzialmente la stessa del Regio Decreto n. 267 del 1942.
Le innovazioni mirano a ridurre durata e costi e ad incentivare la continuazione dell’attività.
Infatti, la sentenza che dichiara l’apertura della liquidazione giudiziale (possibile se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria è complessivamente inferiore a euro trentamila) autorizza il curatore a proseguire l’attività anche in singoli rami dell’azienda se dall’interruzione potrebbe derivarne un grave danno.
Il curatore dal canto suo ha più poteri.
Infatti ad esso è attribuito l’accesso alle banche dati nella pubblica amministrazione.
Rimane sostanzialmente invariata la disciplina sulla revocatoria, in estrema sintesi: restano privi di effetto rispetto ai creditori gli atti a titolo gratuito e i pagamenti di crediti non scaduti compiuti dopo il deposito della domanda cui è seguita l’apertura della liquidazione giudiziale o nei due anni anteriori; sono revocati gli atti estintivi di debiti pecuniari effettuati con mezzi non normali di pagamento compiuti dopo il deposito della domanda cui è seguita l’apertura della liquidazione giudiziale o nell’anno anteriore e, se il curatore prova che l’altra parte conosceva lo stato di insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti scaduti e gli atti a titolo oneroso compiuti dopo il deposito della domanda cui è seguita l’apertura della liquidazione giudiziale o nei sei mesi anteriori.
Per quanto riguarda quella relativa ai rapporti pendenti vengono aggiunti degli articoli in relazione a determinati tipi di contratto come quelli di lavoro subordinato, in cui viene dettata un’apposita disciplina per l’eventuale licenziamento dei dipendenti, privilegiando ovviamente le soluzioni finalizzate al mantenimento dell’occupazione.

In sintesi  si vuole passare da un sistema  incentrato sulla liquidazione dell’attivo, a procedure che favoriscano la continuità aziendale e il risanamento dell’impresa (ove possibile), e che si basino su una maggiore autonomia dei soggetti coinvolti, dal debitore ai creditori.
Dall’art. 7 CCII, in cui il legislatore dà la priorità agli strumenti e alle procedure con finalità ristrutturative rispetto alla Liquidazione Giudiziale,  si può evincere il suo nuovo ruolo ‘residuale’.