La normativa tributaria riconosce la facoltà per il creditore di recuperare fiscalmente i crediti inesigibili purché siano rispettati alcuni precisi presupposti. Occorre anzitutto ricordare come dette deduzioni si applicano esclusivamente in materia di imposte sui redditi e IVA, essendo esclusa la deducibilità per le perdite sui crediti e l’accantonamento al fondo rischi su crediti ai fini IRAP.
Il decreto “crescita e sviluppo” (D.L. n. 83/2012), interviene in modo definitivo sulla disciplina delle perdite su crediti, con riferimento ai crediti vantati verso debitori non assoggettati a procedure concorsuali quali fallimenti, concordati preventivi ed istituti assimilati.
L’articolo 101, comma 5, dispone che gli elementi certi e precisi, atti a fondare il diritto alla deducibilità della perdita, in ipotesi diverse dalle procedure concorsuali, sussistano “in ogni caso” quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza del pagamento del credito stesso.
A tali fini, il credito verrebbe considerato di modesta entità quando risulta di importo non superiore a:
In base alla disposizione dell’articolo 27, comma 10 del D.L. 185/2008, si considerano imprese di più rilevante dimensione, quelle che conseguono un volume d’affari o ricavi non inferiori a una determinata soglia, fissata:
Con riguardo al requisito temporale, va inoltre osservato che la norma intende introdurre una presunzione di favore per il contribuente, che determina l’automatica deduzione della perdita di modesta entità qualora il credito abbia un’anzianità superiore a sei mesi.
Allo stesso modo, dovrebbe essere possibile rinviare l’imputazione (e la deduzione) della perdita a conto economico in un esercizio successivo a quello in cui maturano i sei mesi, laddove si ritenga che il credito possa essere ancora recuperato.
In tale ottica, la norma in esame rappresenta un primo passo, atteso che, fino ad oggi, sull’esatta portata della locuzione “elementi certi e precisi” si sono registrate posizioni parzialmente divergenti tra Amministrazione finanziaria (ancorata ad un’impostazione estremamente restrittiva), da un lato, e giurisprudenza e dottrina prevalente, orientate su tesi meno rigide quanto ad oneri probatori, dall’altro.
Per i crediti “irrecuperabili” di importo superiore alle soglie indicate, occorrerà continuare ad utilizzare le azioni legali (decreti ingiuntivi, atti di precetto), che consentono di acquisire, tramite il verbale di pignoramento infruttuoso redatto da un pubblico ufficiale, la documentazione necessaria all’iscrizione a perdite del credito inesigibile, oltre al recupero dell’i.v.a. versata.
Il decreto IVA (DPR n. 633/72, art. 26) prevede la possibilità di emettere note di variazione IVA in diminuzione, in seguito a procedure esecutive individuali risultate negative.
La Legge di Stabilità 2016 ha fornito espressamente la nozione di procedura infruttuosa, recependo le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 195/E del 16 maggio 2008.
Sulla base di tale orientamento, la semplice notifica del titolo esecutivo e del precetto con esito negativo, non integra il presupposto dell’avvenuta (infruttuosa) espropriazione forzata.
È quindi necessario il materiale avvio dell’esecuzione forzata che inizia solo con il pignoramento e, in caso di esito negativo, è possibile l’emissione della nota di variazione in diminuzione, che consente il recupero dell’iva versata.
Il comma 12 del novellato art. 26, D.P.R. 633 del 1972, come sostituito dal Ddl di Stabilità 2016, risulta così allineato alla tesi dell’Agenzia.
Ecco i casi previsti:
Giova ricordare che se si verificasse successivamente l’incasso, in tutto o in parte del corrispettivo, dovrà essere emessa una nota di variazione a debito come sopravvenienza attiva.
Quanto sopra riportato ribadisce l’indubbio vantaggio fiscale (50% circa del valore nominale del credito iscritto in bilancio), nei casi di irrecuperabilità dei crediti commerciali, tramite l’attivazione di un’azione legale (decreto ingiuntivo e/o precetto).
In caso di procedure concorsuali (fallimenti, concordati preventivi etc.), l’iscrizione a perdite del credito è consentita già dopo la sentenza dichiarativa di fallimento o dopo il decreto di ammissione, in caso di concordato preventivo.
Invece l’emissione della nota di variazione IVA in diminuzione, è subordinata all’infruttuosità della procedura stessa, al momento della chiusura con il relativo decreto di estinzione, oppure a seguito del riparto finale dell’attivo.
Per maturare il diritto ad emettere la nota IVA, i creditori devono essere:
Nonostante quanto su esposto, ancora oggi, molti Studi Commercialisti oppongono una forte resistenza ad operare in tal senso, sconsigliando di fatto i propri clienti a effettuare le operazioni di discarico fiscale e di recupero dell’Iva. E’ palese il danno che da ciò ne deriva.
La motivazione di tale comportamento può essere individuata principalmente nel timore di andare in contrasto con l’Agenzia delle Entrate, timore peraltro infondato se l’operazione viene realizzata in modo corretto.
Troppo spesso si riscontrano imprenditori che subiscono di fatto delle perdite su crediti e che, non supportati dai propri Studi Professionali, non esercitano il loro diritto a veder almeno riconosciuta la deducibilità dei crediti non incassabili e al recupero dell’Iva.
Duole vedere che molti imprenditori non sono neanche informati di tale possibilità o, in altri casi, di ricevere indicazioni contrarie a quanto sopra.